QUI NON COMANDO IO!
È di Gabriele D’Annunzio la massima “L' arte di comandare, è di non comandare”, cioè riuscire ad ispirare azioni senza dare l’ordine di eseguirle. In questa frase ritroviamo alcuni elementi del modello di Leadership attuale, che è radicalmente cambiato negli ultimi decenni, mettendo da parte lo schema organizzativo piramidale basato su controllo ed efficienza e proponendo velocità, adattabilità, creatività come indicatori di performance.
Questa evoluzione è stata descritta da Gary Hamel in “The Future of Management. Hamel immagina la reazione di un dirigente degli anni ‘60 catapultato dalla macchina del tempo in un’azienda del 2000. Il viaggiatore, pur trovandosi tra nuove tecnologie, sistemi digitali, mezzi di comunicazione istantanea, scopre che gli stili di management in uso sono gli stessi dei suoi tempi. Il libro mette in luce quel che tutti sanno e pochi ammettono: il management deve ancora cambiare molto se non vuol fallire.
Provocatoriamente Hamel parla del buon manager come di un “innovatore seriale”, capace di disintossicarsi dai convincimenti sclerotizzati e di riprogrammare il DNA suo e dei collaboratori. Soprattutto, uno che si sforza di usare l’innovazione tecnologica, non per replicare on line sistemi di gestione consolidati, ma per ridisegnarli e adottare modi manageriali non convenzionali che diano risultati dirompenti, vincendo la paura del cambiamento.
L’innovatore seriale esce dallo schema della supervisione, smette di controllare lo status quo e di amministrare l’ordinario e si assume rischi. In una parola: OSA!
Oggi abbiamo un ulteriore sfida, lo smart working che, dopo il Covid19, sarà la nuova normalità, rivoluzionando spazi di lavoro, cultura manageriale e strumenti. E soprattutto il sistema di valutazione del lavoro: non più riferibile a presenza fisica, meeting, viaggi, ma solo a risultati e performance.
L’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano dice che “Lo smart working non è solo una moda, è un cambiamento che risponde alle esigenze delle persone e delle organizzazioni; come tale, è un fenomeno inarrestabile”. Ma proprio perché smart working non è solo lavoro da remoto, va ripensata anche la logica della gestione del personale, basandola su fiducia e collaborazione.
Non possiamo gestire i colleghi/collaboratori come classi scolastiche su Zoom, con l’appello e le webcam accesa per controllare che nessuno dorma… Così il Comandare diviene arte del Non Comandare e agisce sulla responsabilizzazione dei singoli. Questi ultimi, guadagnando autonomia, vengono sempre più valutati sui risultati ottenuti. Smart working e smart management liberano talenti e attitudine, lasciano evolvere i comportamenti dei singoli per farne “CEO” di sé stessi e del proprio tempo. Il manager paternalista e autoritario va in pensione.
Contano di meno tempra, attitudine al comando, doti organizzative e capacità di controllo, mentre servono sempre più le rare doti del Talent Scout, che non solo trova risorse di qualità, ma le sa anche mettere a fattore comune, con vantaggio per la crescita delle professionalità e dell’azienda.
Autore: Silvano Joly