Flessibilità e lavoro
Gidp, l’associazione dei Direttori del Personale, ha condotto un’indagine su 168 dei suoi iscritti sul tema caldo di questi giorni ovvero sulla flessibilità e il lavoro.
Il sondaggio è particolarmente interessante per due aspetti: il primo poiché rileva gli umori dei più coinvolti ovvero coloro che sono e saranno chiamati a gestire le politiche occupazionali delle aziende, il secondo perché il campione intervistato comprende imprese interessate da conteziosi sul tema.
Emerge, in questa indagine, la convinzione comune che con l’abolizione dell’articolo 18 il mercato del lavoro funzionerebbe in maniera più efficiente (68%), ci sarebbero meno contratti flessibili (62%) e di conseguenza minore precarietà e l’occupazione nelle piccole imprese aumenterebbe (68%).
Secondo i Responsabili delle Risorse Umane, questa modifica non andrebbe a ledere lo stato di giustizia del lavoro.
Il quadro che emerge, così orientato in una direzione ben precisa, è sicuramente frutto di esperienze dirette vissute nelle direzioni del personale infatti al 44% degli intervistati è capitato di veder reintegrato un lavoratore in base all’articolo 18.
Emerge che i Responsabili della funzione HR accetterebbero che le aziende, a fronte di maggiore flessibilità in uscita con risarcimenti non superiori ai 24 mesi, si facessero carico dei costi di ricollocazione e di formazione dei licenziati.